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LE TUTELE DEI DESIGN NEL MONDO DEL FASHION
 

Articolo a cura di Emanuele Della Santa, Valeria Maria Romana Sgobbi

Revisione a cura di Francesco Neri, Iacopo Brini

1. Il contesto delle tutele giuridiche nel mondo del fashion

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Perché è così semplice vedere le grandi creazioni artistiche degli stilisti replicate in innumerevoli varianti dalla fast fashion industry? La risposta è che nel mondo del fashion la tutela della proprietà intellettuale è piuttosto scarna, sebbene ne siano previste alcune forme. Invero, proprio la mancanza di una tutela capillare ed invasiva contribuisce a rendere la fashion industry così creativa: i fashion designer si ispirano l’un l’altro, anche se la più grande fonte di originalità deriva dalla magmatica fantasia delle persone comuni che abbinano capi in modo inedito e, allo stesso tempo, ingenuo e poco consapevole. Il genio degli stilisti è indirettamente presente in ogni capo che indossiamo e va riconosciuto, come ricorda Meryl Streep nelle vesti di Miranda Presley nel famoso monologo del film hollywoodiano Il diavolo veste Prada. Perfino il color ceruleo di un semplice maglione è frutto dell’elaborazione artistica di un grande stilista e viene in poco tempo replicato nelle collezioni di altri giganti dell’haute couture, così da destare l’attenzione dei grandi magazzini che individuano un possibile trend, imitando il colore su una varietà di pezzi che, al termine del processo di commercializzazione e vendita, arrivano nei nostri armadi. Infatti, il cuore pulsante della fashion industry sono proprio i nuovi design che, riflettendo l’estro creativo del marchio ed essendo spesso un tratto identitario di quest’ultimo, dovrebbero essere registrati.

Sul punto è doveroso citare l’Hague Agreement Concerning the International Deposit of Industrial Designs che, nel trattato del 1960, stabilisce alcune disposizioni circa la registrazione internazionale di design e modelli industriali. Tale accordo istituisce un sistema internazionale che permette ai design industriali di essere tutelati in diversi stati e regioni che hanno aderito alla Convenzione rispettando pochi passaggi formali. Invero, l’Hague Agreement permette a chi desidera registrare il proprio design o modello di compilare una singola richiesta presso l’Ufficio Internazionale in seno alla OMPI (Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale), consentendo inoltre di comunicare eventuali cambiamenti e rinnovare la registrazione in un singolo passaggio procedurale. Le domande di registrazione – proposte in una lingua a scelta tra inglese, francese o spagnolo - possono includere sino a cento design o modelli, a patto che appartengano alla stessa classe stabilita nella classificazione internazionale dei modelli e dei disegni di Locarno. Successivamente, le registrazioni internazionali vengono pubblicate in un apposito bollettino, aggiornato settimanalmente. Un aspetto molto interessante è che i richiedenti possono avanzare la domanda per la posticipazione della pubblicazione della registrazione per un periodo non eccedente i trenta mesi dalla data di registrazione internazionale o dalla data di priorità, qualora quest’ultima fosse rivendicata. In tal modo si permette al richiedente di mantenere segreto il proprio design o modello industriale fino a quando non compaia sul mercato. Tale registrazione, inoltre, è incoraggiata anche e soprattutto a fronte dei cospicui stanziamenti di fondi nella ricerca di nuovi design costantemente innovativi. Basti pensare ai crescenti investimenti – in particolare nel periodo pandemico - che brand, retailer e service provider hanno compiuto in tema di sostenibilità. A confermare questo dato contribuisce il Monitor for circular fashion report 2021 realizzato da SDA Bocconi in collaborazione con Enel X: ben tredici aziende su quattordici hanno mantenuto costanti o accresciuto le risorse destinate alla ricerca di alternative sostenibili, incentivate dalle possibilità che i materiali riciclati e i prodotti ottenuti tramite tecnologie a basso impiego energetico possono offrire.

2. Un recente esempio dell'importanza della registrazione del design industriale

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Tuttavia, la semplicità con cui è possibile contraffare e plagiare modelli di capi di abbigliamento e calzature è tornata recentemente di attualità nella vicenda giudiziaria che ha visto l’influencer Chiara Ferragni citata in giudizio da Tecnica Group S.p.A. con l’accusa di plagio dei celeberrimi doposcì “Moon Boots”. Chiara Ferragni avrebbe infatti commercializzato con il proprio logo degli stivali molto somiglianti agli originali Moon Boots. Confrontando i due prodotti visivamente, le differenze emergono con difficoltà in quanto in quello della nota instagrammer sia il marchio tipico del brand “Chiara Ferragni” che la colorazione glitterata non sembrano garantire una sufficiente peculiarità. La sentenza del Tribunale di Milano n. 493/2021 stabilisce che nella valutazione del valore artistico “va rilevata nella maniera più oggettiva possibile la percezione che di una determinata opera del design possa essersi consolidata nella collettività ed in particolare negli ambienti culturali”. Il Tribunale ha così applicato al caso dei Moon Boots la considerazione propria di molti enti culturali per cui la qualifica di un prodotto di design deve essere “espressione di tendenze e influenze di movimenti artistici o comunque della capacità dell’autore di interpretare lo spirito dell’epoca”. Il valore artistico del prodotto di design assume rilevanza anche per il riconoscimento ricevuto da un gruppo di soggetti “più ampio del solo consumatore di quello specifico oggetto”. Il giudizio sul valore artistico, dunque, è legato alla valutazione dell’opera nel contesto storico e culturale in cui è sorta e non dipende dal mero accertamento a posteriori del valore artistico acquisito per il solo decorso del tempo. I Moon Boots, secondo il tribunale, presentavano già all’epoca della loro creazione tali caratteri di contenuto artistico, essendosi diffusisi, in virtù della loro forma tanto stravagante quanto peculiare, in ambienti culturali, artistici e nel mondo del design. Il loro valore artistico è altresì confermato dall’esposizione presso il Triennale Design Museum nel 2016 e il Metropolitan Museum of Modern Art nel 2018. Come è stato sancito dalla Cassazione con sentenza n. 7477/2017, il valore artistico “va ricavato da indicatori oggettivi […] quali il riconoscimento da parte degli ambienti culturali ed istituzionali circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche, l'esposizione in mostre o musei, la pubblicazione su riviste specializzate, l'attribuzione di premi […]”. In conclusione, la sentenza ha vietato la contraffazione dell’originale modello dei Moon Boots, la sua riproduzione, elaborazione, distribuzione vendita e pubblicità, condannando la nota influencer ad un risarcimento del danno che è ancora in via di accertamento nella prosecuzione della fase istruttoria. 

3. La normativa comunitaria sul design

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Tornando al quadro generale, le tutele non si esauriscono con quanto previsto dall’Hague Agreement. Anche l’Unione Europea ha elaborato un sistema di protezione di design e modelli con il Regolamento CE n. 6/2002, in vigore dal 6 marzo 2002. L’art 1 di tale regolamento, in conformità con il principio di sussidiarietà, stabilisce che la registrazione del design comunitario produce gli stessi effetti in tutta la Comunità e non può essere oggetto di una decisione che ne dichiari la nullità, oltre che non può esserne vietata l'utilizzazione, se non per l'intera Comunità, e conferisce al titolare il diritto esclusivo, impedendo ai terzi l’utilizzo, la produzione e la commercializzazione di articoli che siano identici o simili a quelli registrati. Sono inoltre stati istituiti il disegno o modello comunitario non registrato a breve termine (UCD) e il disegno o modello comunitario registrato a lungo termine (RCD). Se, da un lato, le aziende di alcuni settori industriali hanno privilegiato la registrazione per la certezza del diritto, altri, invece, tra cui molti player dell’ambito del fashion, reputano più vantaggiosa e conveniente la protezione senza registrazione. Questa scelta è data dal frequente lancio massivo di modelli commercializzati per periodi di tempo così limitati da far risultare poco conveniente l’investimento di risorse per la loro registrazione. La protezione di un RCD, più forte e trasparente, comincia dal giorno di deposito della domanda presso gli enti preposti, l’UIBM o l’EUIPO. Tra i requisiti richiesti è utile ricordare la “novità” e il “carattere individuale”. In particolare, un disegno o modello è considerato nuovo e individuale se nessun altro identico è stato messo a disposizione del pubblico prima della data di deposito della domanda di registrazione del disegno o modello stesso o, se si rivendica la priorità, prima della data di quest'ultima. Il titolare di un disegno o modello comunitario registrato possiede il diritto esclusivo di utilizzo, impedendo ai terzi la produzione e la commercializzazione di articoli che siano identici o simili a quelli registrati. Il periodo di protezione vale per 5 anni, rinnovabile fino ad un massimo di 25 anni dalla data di deposito. Ai sensi dell’articolo 11 del regolamento n. 06/2002, coloro che si avvalgono di un UCD sono protetti per un periodo di tre anni, non rinnovabili, a partire dalla data in cui il disegno o modello è stato divulgato per la prima volta nella Comunità europea. Il titolare del design non registrato può invece usufruire del così detto periodo di grazia, cioè entro 12 mesi dalla prima divulgazione può procedere al deposito di una domanda di registrazione del disegno o modello divulgato. I requisiti sono soddisfatti se il disegno o modello è stato reso disponibile prima della data in cui esso è stato messo per la prima volta a disposizione del pubblico. Per quanto riguarda la protezione garantita, un design registrato è protetto dalla replica anche quando questa sia stata prodotta in buona fede, mentre un disegno o modello comunitario non registrato impedisce l'uso commerciale di sé medesimo solo nei casi in cui tale uso derivi dalla replica di un disegno o modello registrato, così come risulta dal terzo paragrafo dell’articolo 19. Il regolamento CE n. 06/2002 ha introdotto altresì la possibilità di depositare una domanda di registrazione multipla per rendere più rapida la commercializzazione protetta dei prodotti sviluppati da un unico soggetto; ogni disegno o modello contenuto in una domanda multipla è considerato separatamente dagli altri, è cioè indipendente ai fini di atti come la concessione di licenze o la cessione.

Nonostante gli strumenti legali sopra descritti messi a disposizione a livello comunitario e internazionale, le pratiche scorrette di violazione della proprietà intellettuale in ambito di fashion e design sono ancora troppo frequenti, né le case di moda si dimostrano eccessivamente interessate al loro contrasto, forse in ragione della funzionalità del ricorso alle stesse per ovviare a possibili ritardi nel processo di innovazione o creazione dei propri prodotti. Solo attraverso una diffusa sensibilizzazione circa il carattere trasversale della nocività di simili espedienti, per propria natura potenziali forieri di danni per tutti gli attori del settore, sarà possibile assistere ad un pieno rispetto della protezione della proprietà intellettuale e quindi degli strumenti ordinamentali ad essa preposti. 

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