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LA MEMBERSHIP DELL'UE E LO STATO DELL'ARTE DEI PAESI CANDIDATI

Quale futuro per la richiesta Ucraina?

Redazione a cura di Anna Flora

1. Introduzione

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L’iter di formazione dell’Unione Europea ha una storia complessa, esemplare per lungimiranza e spirito di cooperazione. I padri fondatori, pionieri della cultura giuridica comunitaria e primi autori della cornice sociopolitica in cui si ha oggi la fortuna di vivere, hanno tenacemente e per anni unito i propri sforzi, perseguendo obiettivi condivisi anche e frequentemente secondo una logica di necessario compromesso, al fine di creare la zona di pace e di stabilità che attualmente da troppi è considerata fisiologica ed immutabile. 

Dalla seconda metà del XX secolo in poi, grandi figure quali quelle di Robert Schumann, Konrad Adenauer, Alcide de Gasperi e Altiero Spinelli hanno animato un progetto la cui vocazione fondamentale era quella federalista, nel sogno di un’Europa dei popoli, riserva di pace e di convivenza fraterna fra nazioni che, troppo a lungo e troppo ferocemente, nella prima metà di quello stesso secolo avevano versato il sangue di milioni di esseri umani, nel primo conflitto mondiale nel contesto della lotta per la supremazia, nel secondo in quello dell’aggressione perpetrata dai totalitarismi fascio-nazisti.

Finalmente, dopo tanta devastazione e tanta sofferenza, appariva terminato il tempo del bellum omnium contra omnes, e, invero, così è stato per i Paesi aderenti alle istituzioni comunitarie fino ai giorni nostri, funestati infine da una minaccia bellica, quella della Federazione Russa contro la Repubblica Ucraina, che è sì esogena ed interesse di uno stato ancora non membro dell’Unione, e che pure porta agli estremi confini della medesima i venti di una guerra offensiva di nuovo dopo molti decenni.

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Il processo di formazione dell’Unione Europea è stato interessato da un’evoluzione continua sin dalla propria origine: è erroneo convincersi che il contesto odierno sia lo statico ed immutabile risultato dei progressi raggiunti nel periodo postbellico. Altiero Spinelli, politico italiano e fondatore del Movimento Federalista Europeo, pubblica nel 1941 il Manifesto di Ventotene, all’interno del quale parla dell’impellente e tragica necessità di creare un’Europa libera e unita, basata su un clima di cooperazione e di solidarietà.  

L’8 maggio 1945 i rappresentanti del governo tedesco firmano la resa incondizionata a Reims: il secondo conflitto mondiale è finalmente terminato. Dopo pochi anni, alcuni leader europei avviano il processo di costituzione del primo nucleo dell’attuale Unione Europea e la necessità di una più stretta collaborazione inizia ad essere profondamente sentita. 

Robert Schuman, ministro degli esteri francese, pronuncia le seguenti parole: “L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme: essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”. 

Tale solidarietà muove dalla consapevolezza dell’appartenenza ad una comune identità e dall’impegno alla reciproca tutela fra quei Paesi che la condividono, in chiave di benessere collettivo e individuale: questo è uno dei valori fondamentali e dei principi su cui si basa l’Unione Europea, come statuito oggi dall’Art. 2 TUE.  

Al fine di creare il sopra citato clima di cooperazione, gli stati membri sono tenuti a rispettare il principio di leale collaborazione, descritto dall’art. 4 TUE: in questo modo viene definita la natura riequilibratoria della solidarietà, intesa come mutua assistenza volta ad attenuare le difficoltà applicative dell’Unione. L’Unione interviene nelle decisioni dei 27 stati membri in funzione della protezione del cittadino, verificando che l’azione da intraprendere a livello comunitario sia giustificata da una maggiore efficacia di quella che si sarebbe potuta intraprendere a livello nazionale.

2. Dal 1945 ad oggi

3. Adesione all'Unione Europea

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L’iter di adesione all’Unione Europea è un percorso procedurale complesso, che nel corso della storia contemporanea ha sottoposto molteplici Paesi candidati a difficoltà di considerevole importanza. 

L’Unione Europea ha individuato i requisiti necessari che uno stato deve possedere e onorare al fine di poter essere accettato quale membro effettivo dell’Unione. Tali requisiti sono definiti dall’art. 6 e dall’art. 49 del TUE. 

La possibilità di presentare la candidatura all’adesione dipende dal soddisfacimento dei Criteri di Copenaghen, che sono stati stabiliti nel 1993. Tali criteri stabiliscono che lo stato richiedente la membership abbia delle istituzioni stabili e volte a garantire la democrazia, lo stato di diritto, i diritti umani fondamentali e la tutela le minoranze. Non viene di certo trascurato il profilo economico, motivo per cui è necessario avere un’economia di mercato stabile e consolidata, aperta ai meccanismi di concorrenza, ove vi sia piena libertà di circolazione di forza lavoro e capitale. 

I Paesi candidati sono tenuti ad introdurre all’interno del proprio ordinamento le norme che costituiscono l’acquis comunitario europeo e ad adoperarsi al fine di implementare per quanto di competenza le linee guida, i corpora normativi e gli atti esecutivi e di indirizzo circa i più svariati aspetti delle politiche economiche, sociali e di altra natura emanati dalle dedicate istituzioni comunitarie o previsti dai Trattati sottoscritti. 

Invero, risulta opportuno chiarire che il soddisfacimento dei sopra menzionati criteri è necessario alla sola pratica di adesione all’Unione, mentre la stessa può liberamente decidere di fornire aiuti o di supportare in altro modo quegli stati che ritenga meritevoli della propria assistenza. 

Attualmente i Paesi candidati sono l’Albania, il Montenegro, la Macedonia del Nord, la Serbia e la Turchia. 

Lo status di applicating country della Turchia, che, ad oggi è fortemente messo in discussione dall’Unione, è stato ottenuto nel 1999, a seguito di una decisione adottata dal Consiglio di Helsinki. I relativi negoziati sono stati avviati nel 2005 e il perfezionamento dell’adesione è ancora formalmente in itinere.  La Turchia potrebbe essere infatti un partner strategico chiave dell’UE su questioni quali la migrazione, la lotta al terrorismo e l’economia, ma è fortemente regredita nei settori dello stato di diritto, della democrazia e del rispetto della democrazia.  

Il 15 luglio 2016, infatti, una parte dell’esercito turco tentò di mettere in atto un colpo di stato contro il presidente Recep Tayyip Erdogan. L’operazione fu mal organizzata, e, grazie al pronto intervento delle forze fedeli al presidente, il tentativo di rovesciare il governo fallì poche ore dopo. L’evento cambiò radicalmente la Turchia: non solo si registrarono centinaia di vittime civili, ma l’avvenimento fu utilizzato dal presidente stesso per eliminare politicamente molteplici nemici interni, tanto che alcuni analisti ipotizzano che si sia trattato di una operazione di false flag, con la quale un Paese effettua un attacco contro se stesso come pretesto per rafforzare il potere dell’esecutivo in carica e per reprimere l’opposizione politica: una vera e propria operazione strategica finalizzata ad imporre la supremazia del leader. Il presidente turco, infatti, scaricò tutta la colpa dell’operazione su Fethullah Gulen, un ex alleato che aveva contribuito all’ascesa al potere di Erdogan, ma che presto era entrato in conflitto con lo stesso per il controllo degli apparati dello stato. Il colpo di Stato e l’eliminazione dei gulenisti sono stati strumentalizzati dal presidente per affermare il concetto di “Nuova Turchia” e per giustificare l’autoritarismo esercitato per governare il Paese, oltre che per reprimere qualsiasi forma di opposizione. In questo grande moto di controriforma la Turchia si è sempre più allontanata dalla NATO, cambiando radicalmente il proprio orientamento economico e politico, per avvicinarsi sempre di più a Russia e Cina. 

A seguito di tali evoluzioni, il Consiglio degli Affari Generali Europei ha dichiarato congelati i negoziati di adesione con la Turchia. 

Nonostante questa ultima e necessaria decisione, UE e Turchia stanno attualmente collaborando per migliorare il problema dell’afflusso di migliaia di persone che cercano rifugio dalla Siria. La Turchia ha infatti speso elevate risorse finanziarie per affrontare la crisi e l’Unione ha approvato un piano d’azione finalizzato a regolare i flussi migratori e ridurre l’immigrazione irregolare. In questo modo l’Unione Europea si propone di imporre un meccanismo di coordinamento che dovrebbe consentire una rapida ed efficiente mobilitazione dell’assistenza europea ai rifugiati in Turchia. Il dialogo tra Europa e Turchia è dunque ancora aperto e indirizzato a fornire un contributo di 6 miliardi di euro al Paese asiatico entro il 2025, cifra indirizzata al sostegno socioeconomico dei rifugiati.

4. L'Ucraina

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Come già accennato, la pacifica coesistenza fra gli stati del continente europeo viene purtroppo ancora oggi minacciata da azioni militari, sovversive dell’ordine internazionale e della pace comune. È il caso del recente conflitto russo-ucraino, scoppiato il 24 febbraio 2022, giorno in cui le truppe dell’esercito russo hanno violato il confine ucraino. 

L’Ucraina non è uno stato membro dell’Unione Europea, ma è legata ad essa da rapporti di solidarietà politica ed economica in virtù dell’Accordo di Associazione entrato in vigore il primo settembre 2017.

Tale Paese si trova ad affrontare un conflitto non dichiarato e multidimensionale, che riunisce elementi di guerra informatica e l’impiego di propaganda, di pressioni e di ricatti economici. Tale descrizione sembra coincidere con quella utilizzata per i conflitti mondiali della prima metà del Novecento, se non fosse che oggi l’Unione Europea riesce a fornire aiuti umanitari alla popolazione e supporto militare indiretto all’esercito ucraino, con il preciso obiettivo di equilibrare i rapporti di forza con l’esercito invasore. 

Pochi giorni dopo lo scoppio della guerra, la Commissione Europea ha adottato un meccanismo di protezione temporanea nei confronti dei cittadini ucraini: ad essi è stato riconosciuto nel territorio dell’Unione il diritto di residenza, oltre ad altre guarentigie quali l’accesso al mercato del lavoro, l’assistenza dei sistemi di welfare e l’assistenza sanitaria. 

Inoltre, per la prima volta nella sua storia, la Commissione sta usando il bilancio europeo, che trova 500 milioni di euro stanziati nel Fondo Europeo sulla Pace, per acquistare e consegnare armi ad un Paese che è sotto attacco, e, con le Decisione 509/2021 del Consiglio, è stato approvato l’EPF, (European Peace Facility), ulteriore strumento per la fornitura di assistenza tattica alla difesa ucraina 

Non di meno, l’Europa ha destinato 90 milioni di euro a programmi di emergenza per assistere i civili colpiti dalla guerra e la Commissione ha pubblicato informazioni per garantire che il sostegno a coloro che fuggono dalla guerra possa essere realizzato attraverso organizzazioni fidate e corrisponda ad esigenze concrete.  

Ursula Von Der Leyen ha infatti dichiarato e sottolineato la necessità di affrontare non solo l’emergenza militare e politica, ma anche di fornire degli aiuti concreti per sostenere le inevitabili conseguenze umanitarie che il conflitto comporta. A questo proposito, la Commissione ha introdotto la proposta legislativa CARE, che crea la possibilità di finanziare in maniera più flessibile le misure a sostegno delle persone in Ucraina, quali il Fondo Sociale Europeo (FSE) e il Fondo per gli Aiuti agli Indigenti (FEAD), che potranno essere impiegati per incrementare gli investimenti in occupazione, istruzione, alloggi, educazione, assistenza sanitaria e fornitura di cibo e vestiti ai rifugiati.

Gli aiuti militari e umani sono esempi concreti della speranza e della convinzione, espressa con grande emozione dalla Presidente della Commissione Europea, che l’Ucraina sarà in grado di vincere questa guerra, affermando la supremazia della libertà e della democrazia.

Il popolo ucraino si è espresso in modo chiaro e deciso a favore della pace e di un orientamento europeista del proprio Paese: prima del conflitto, esso si trovava di fronte ad un’opportunità di modernizzazione, crescita economica e creazione di una democrazia e di uno stato di diritto autentici. 

Il tema dell’ingresso di Kiev nell’Unione è oggi tornato al centro del dibattito: il procedimento per valutare il rispetto dei criteri di Copenaghen non è ancora iniziato, ma sembra che l’Unione abbia manifestato fin dagli albori della guerra la solidarietà di fatto di cui parlava Robert Schuman. 

Il presidente Zelensky ha implorato i leader comunitari per una adesione accelerata dell’Ucraina all’Unione. Durante la sua visita a Bucha, Ursula Von der Leyen ha dichiarato che il processo di candidatura durerà settimane e non anni, consegnando personalmente al presidente Zelensky una busta contenente il questionario di adesione dell’Ucraina all’UE, che dovrà poi essere valutato dalla Commissione Europea e che è già stato compilato per ottenere lo status di applicating country.  

L’Europa ha però rimarcato la necessità di rispettare l’iter procedurale, senza prevaricare la posizione dei Paesi che hanno già inoltrato la richiesta in tempi passati. Nonostante si polemizzi circa “precedenze procedurali” di adesione, numerosi esperti, tra cui Antonio Parenti, rappresentante in Italia della Commissione Europea, hanno dichiarato che l’obiettivo primario è quello di iniziare e di accelerare il percorso di adesione dell’Ucraina all’Unione. 

Sitografia

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