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LA RIFORMA CARTABIA DEL PROCESSO PENALE

LEGGE 27 SETTEMBRE 2021, N. 134

Redazione a cura Giovanni Maria Macca, Ludovica Davoli
Revisione a cura di Francesco Neri, Iacopo Brini

1. Introduzione

Ancora 1

Per tempo immemore il problema centrale che ha dominato a lungo i dibattiti sulla giustizia italiana è stato individuato nell’ “irragionevole” durata dei processi. 

È maturata così, sempre di più, la consapevolezza che “giudizi lunghi recano un duplice danno alla giustizia: frustrando, da un lato, la domanda di giustizia e ledendo, dall’altro, le garanzie”  degli imputati, riconosciute e tutelate dagli art. 24 e 111 della Costituzione e dall’art. 6 par. 1 CEDU, ad avere una ragionevole durata del processo che “affonda le sue radici nell’ esigenza di assicurare il rispetto effettivo della presunzione di non colpevolezza” .

Il fattore tempo è così stato al centro delle preoccupazioni dei cittadini, degli attori economici e non da ultimo delle istituzioni europee, al punto che tra gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (P.N.R.R.) , che sono stati concordati dal Governo italiano con la Commissione Europea, vi è la riduzione dei tempi del processo entro i prossimi cinque anni, equivalenti nei tre gradi di giudizio al 25% nel settore penale e al 40% in quello civile. 

Obiettivo della seguente trattazione è quello di approfondire alcuni profili peculiari della l. 27 settembre 2021, n. 134 (“Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”) [d’ora in poi Riforma Cartabia] . La legge approvata in via definitiva il 23 Settembre 2021 contiene due articoli: il primo enumera alcune deleghe al Governo, da mettere in atto necessariamente entro 1 anno dall’entrata in vigore mentre il secondo articolo contiene delle disposizioni direttamente precettive, volte ad innovare il codice penale e il codice di procedura penale; la finalità di entrambi è l’accelerazione dello svolgimento del processo penale attraverso una contrazione del numero di casi che raggiungono le corti e la digitalizzazione del processo in sé.

Nei paragrafi sotto elencati saranno approfonditi dagli autori:

-    Digitalizzazione e processo penale telematico 

-    Giustizia Riparativa

-    L’istituto della prescrizione del reato

2. Digitalizzazione e processo penale telematico

Ancora 2

Tra le varie concause dell’ingolfamento e della farraginosità della giustizia penale, sono sicuramente degne di nota la scarsa digitalizzazione degli atti e la minima informatizzazione delle procedure.  Le disponibilità economiche offerte dal P.N.R.R. hanno sicuramente rappresentato un’occasione propizia per un Paese che, anche messo alla prova dai vari risvolti negativi della pandemia da Covid-19, ha dovuto fare i conti con la sua arretratezza in materia.

Tuttavia, al fine di attuare tale processo di innovazione, è stato predisposta una strategia complessiva, sul piano organizzativo, che la riforma – con disposizioni che entreranno subito in vigore – affida sin d’ora a un piano triennale per la transizione digitale dell’amministrazione della giustizia (art. 2, co. 18-19) e a un Comitato tecnico-scientifico per la digitalizzazione del processo (art. 2, co. 20).” 

A tali innovazioni non poteva non accompagnarsi anche una riforma del c.p.p., sul punto infatti l’art. 1 c. 5 della Riforma Cartabia dispone che: “il decreto o i decreti legislativi recanti disposizioni in materia di processo penale telematico sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi, al fine di prevedere che atti e documenti processuali possano essere formati e conservati in formato digitale, in modo che ne siano garantite

-    l’autenticità, 

-    l’integrità, 

-    la leggibilità, 

-    la reperibilità 

-    e, ove previsto dalla legge, la segretezza.  

Viene previsto che nei procedimenti penali in ogni stato e grado il deposito di atti e documenti, le comunicazioni e le notificazioni siano effettuati con modalità telematiche ; le trasmissioni e le ricezioni in via telematica devono inoltre assicurare sia al mittente che al destinatario certezza, anche temporale, in merito all’’avvenuta trasmissione e ricezione, nonché circa l’identità del mittente e del destinatario.

Viene inoltre previsto che per gli atti che le parti compiono personalmente il deposito possa avvenire anche con modalità non telematica.

Non di minore importanze, in tema di digitalizzazione del processo penale, è il punto di cui al comma 8 dell’art. 1 in materia di “Registrazioni audiovisive e processo da remoto”. Forti dell’esperienza pandemica, ci si è resi conto come principi fondamentali del processo penale, quali immediatezza e oralità, possono essere preservati da video o audio registrazioni che, unitamente al complessivo processo di digitalizzazioni si traducono in un risparmio di tempo e in un conseguente incremento dell’efficienza del processo.

3. Giustizia riparativa

Ancora 3

La Riforma Cartabia si propone poi di intervenire sul tema della così detta restorative justice, che rappresenta sicuramente la parte più innovativa del progetto . Con questo termine si fa rifermento ad uno strumento stragiudiziale mutuato da altri ordinamenti, prevalentemente di diritto anglosassone, per mezzo del quale si permette alla vittima e all’autore del reato di partecipare attivamente, se vi consentono privi di costrizione, alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato con l’aiuto di un terzo imparziale, ovvero il mediatore.

Ai sensi del c. 18 dell’art. 1, infatti, i decreti legislativi recanti una disciplina organica della giustizia riparativa sono adottati in accordo con i seguenti princìpi e criteri direttivi: a) introdurre, nel rispetto delle disposizioni della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e dei princìpi sanciti a livello internazionale, una disciplina organica della giustizia riparativa quanto a nozione, principali programmi, criteri di accesso, garanzie, persone legittimate a partecipare, modalità di svolgimento dei programmi e valutazione dei suoi esiti, nell’interesse della vittima e dell’autore del reato.

La stessa riforma Cartabia, ispirandosi alla Direttiva 2012/29/UE, introduce, quindi, per la prima volta la definizione di vittima intesa come “la persona fisica che ha subìto un danno, fisico, mentale o emotivo, o perdite economiche che sono state causate direttamente da un reato”. Si considera vittima del reato anche “il familiare  di una persona la cui morte è stata causata da un reato e che ha subìto un danno in conseguenza della morte di tale persona”.

La giustizia riparativa, nella prospettiva della “riforma Cartabia” si pone quindi come modello complementare alla giustizia sanzionatoria all’interno del sistema penale, caratterizzando il processo penale, in particolare attraverso l’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato, che prevede, tra i suoi contenuti, la mediazione  tra reo e vittima.

Va infine segnalato che per l’attuazione della disciplina in tema di giustizia riparativa la legge (art. 1, co. 19) prevede l’autorizzazione alla spesa di 4.438.524 euro annui a decorrere dall’anno 2022. La ratio di tale autorizzazione alla spesa per un importo così elevato va rinvenuta nel recente passato, quando proprio la mancanza della necessaria copertura finanziaria ha ostacolato lo sviluppo della giustizia riparativa, già inclusa nella riforma Orlando. Ciò lascia intendere la ferma volontà del legislatore di elevare tramite tale innovazione la qualità e l’efficienza della giustizia penale. 

4. L'istituto della prescrizione del reato

Ancora 4

In merito all’accelerazione dei processi attraverso l’istituto della prescrizione, la riforma ha ottenuto un impatto decisivo e istantaneo attraverso le disposizioni contenute dell’articolo due.

Il primo comma di questo articolo tratta degli effetti che l’esito del processo giudiziale ha sulla prescrizione, prevedendo, come disposto già dalla legge 3/2019 (c.d. “Spazza corrotti”), che il decorso della prescrizione cessi con la sentenza di primo grado, sia essa di assoluzione o di condanna. Prima della modifica la sentenza di primo grado, così come il decreto di condanna, sospendevano il corso della prescrizione fino all’esecutività della sentenza o all’irrevocabilità del decreto. Bisogna notare che rispetto alla precedente legge 3/2019, che era intervenuta sull’articolo 159 del c.p. - “sospensione del corso della prescrizione” - inserendo tra le cause di quest’ultima la sentenza di primo grado, la nuova disciplina non presenta particolari innovazioni poiché dal momento della pronuncia della sentenza fino alla sua definitività, la legge non prevede alcuna possibilità che il corso della prescrizione possa riprendere . La legge prevede inoltre che in caso di annullamento della sentenza, con conseguente regressione al primo grado di giudizio, la prescrizione riprenda a decorrere dal giorno della pronuncia di annullamento.

Diversamente, il decreto penale di condanna, al quale non viene riconosciuta la facoltà di bloccare definitivamente il corso della prescrizione poiché emesso fuori dal contraddittorio delle parti, viene dalla nuova legge inserito tra gli atti interruttivi della prescrizione, art. 160 del codice di procedura penale.

La radicale innovazione apportata dalla riforma è rappresentata dai commi da 2 a 6 dell’articolo 2 che introducono l’istituto dell’improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione. La nuova legge prevede infatti che “la mancata definizione del giudizio di appello entro il termine di 2 anni”  e del “giudizio di cassazione entro il termine di 1 anno costituiscono causa di improcedibilità” e comportano quindi il proscioglimento dell’imputato.

Di seguito vengono poi elencati i due casi in cui è prevista la proroga di questi limiti temporali: per i reati commessi con finalità di terrorismo o eversione dell’ordinamento, di associazione mafiosa o partecipazione a banda armata, di violenza sessuale e di traffico di stupefacenti il termine può essere prorogato senza limiti di tempo per ragioni inerenti alle complessità del processo. Il regime è diverso nel caso in cui i delitti siano aggravati dal metodo mafioso: è prevista la possibilità di proroga ma non si può superare il limite dei 3 anni di durata per il giudizio di appello e di 6 mesi per il giudizio di Cassazione. Diversamente, per tutti gli altri reati è possibile, in presenza di fattori di complessità, solo una proroga di 1 anno in giudizio di appello e di 6 mesi in giudizio di Cassazione. I termini sopra descritti non si applicano ai reati puniti con la pena dell’ergastolo al fine di salvaguardare le persone offese da questi reati particolarmente gravi e non si applicano se l’imputato chiede la prosecuzione del processo, trattandosi in questo caso di una manifestazione indiretta della volontà di rinunciare alla declaratoria di improcedibilità. Questi termini sono soggetti alle medesime regole della prescrizione con riguardo alle cause di sospensione.

L’art. 334-bis c.p.p., come modificato dalla legge in esame, prevede poi la possibilità per l’imputato di fare ricorso in Cassazione contro l’ordinanza di proroga; sempre nell’ottica di ridurre i tempi del processo, si dispone che la Cassazione debba decidere entro 30 giorni dalla ricezione degli atti.

Per quanto riguarda invece le decisioni in merito agli effetti civili dei reati in caso di improcedibilità per superamento dei termini di durata massima, la disciplina è la medesima che si applica in caso di estinzione per amnistia o prescrizione: "il giudice di appello o la Corte di Cassazione, nel dichiarare l’azione penale improcedibile per il superamento dei termini [...], decidono sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili”. 

​I commi successivi sono dedicati alla disciplina transitoria che prevede l’applicazione delle disposizioni in materia di improcedibilità solo per i procedimenti di impugnazione che riguardano reati commessi a partire dal 1° gennaio 2020, data che corrisponde all’entrata in vigore della legge 3/2019. Peraltro, se l’impugnazione di questi procedimenti è promossa entro il 2024, i termini di durata sono rispettivamente di 3 anni per il giudizio di appello e di 1 anno e 6 mesi per il giudizio in Cassazione.

Sul tema della limitazione temporale dell’orizzonte di applicazione di questa disciplina si è diversamente espressa l’opinione pubblica: secondo varie fonti autorevoli, infatti, le disposizioni che limitano l’effetto retroattivo sarebbero in contrasto con la Costituzione. Come sottolinea Pasquale Bronzo, docente di procedura penale presso l’università Sapienza di Roma, questa riforma dovrà essere applicata anche ai reati precedenti il 1/1/2020 in virtù dell’obbligo, salvo giustificazione particolare, di ricorso retroattivo alla lex mitior, espresso all’art. 2 quarto comma del codice penale , ciò anche in virtù del principio di uguaglianza enunciato dall’articolo 3 della Costituzione, come già stabilito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 63 del 2019, che vedeva la stessa Ministra Cartabia, allora Giudice della Corte, come membro del collegio giudicante. 

In risposta a tali critiche si potrebbe fare notare che la riforma attribuisce un carattere procedurale alla norma, il che potrebbe portare all’esclusione dell’applicazione dell’art. 2 del Codice penale. L’opinione di molti, tuttavia, è che la norma abbia natura sostanziale poiché incide direttamente sulla punibilità di un reato. 

Allo stato attuale delle cose è ragionevole prevedere che la questione arriverà alla Corte Costituzionale, la quale dovrà decidere sulla natura della norma e, nel caso in cui rilevi la sua natura sostanziale, stabilirà se l’ingente sforzo richiesto ai tribunali per attuare questa riforma sia sufficiente a giustificare la limitazione temporale di applicazione della stessa.

Dando uno sguardo generale alle innovazioni introdotte in tema di prescrizione e improcedibilità è chiaramente visibile l’intento del legislatore: diminuire i lunghi tempi dei procedimenti giudiziari. L’approccio adottato dalla riforma è stato di ridurre a monte il numero di processi che raggiungono i tribunali applicando un taglio netto ai reati che ne costituiscono l'oggetto, alla prescrizione dei reati e alla tempistica del processo. A fianco dei chiari effetti positivi che un minore carico in capo all’apparato giudiziario comporta, emergono anche dei profili di ombra. Infatti, limitando la durata dei processi, si mette a repentaglio il principio dell’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale espresso dell’art. 112 della Costituzione. L’istituto dell’improcedibilità comporta l’impossibilità di dare inizio all’iter giuridico ma non l’estinzione del reato, causando una situazione paradossale in cui il pubblico ministero deve rassegnarsi a non agire. Questo argomento è stato usato dalla critica per sostenere un approccio diverso rispetto a quello adottato dalla riforma e maggiormente incentrato su una riorganizzazione delle strutture giudiziarie ed un incremento delle risorse per permettere alla giustizia di ottimizzare i tempi senza diminuire il numero di processi; i miglioramenti tecnici e gli investimenti sono sì previsti dalla legge ma sono oggetto dell’articolo 1 che contiene deleghe al Governo dunque saranno attuati in un secondo momento rispetto alle norme precettive. 

5. Conclusioni

Ancora 5

Da questa breve analisi della iforma si può notare come l'intento del legislatore sia stato quello di affrontare tutte le criticità del nostro sistema giudiziario emerse negli anni. Tuttavia, i tempi, come accade sempre quando si tratta di riforme del processo penale, non sono ancora maturi per poter constatare la reale portata che tale riforma avrà nel nostro sistema giudiziario. La speranza. condivisa da chi scrive, è che tale riforma possa portare ad una definitiva inversione di tendenza e al perseguimento dei canoni del giusto processo, riconosciuto come diritto fondamentale dalla nostra Costituzione e da numerose fonti normative internazionali. 

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